Sì, sì, avrò fatto 7-8 km tra andata e ritorno da e per l’ostello, più vari giri in città, ma niente di che.
Sveglie a scaglioni: 4.30, 5 e 6. Sono i pellegrini che vanno a Finisterre, chi a piedi chi in bus. Gli altri, tra cui io, tergiversano.
Riesco a tenermi a letto fino alle 6.35 ma poi mi azo.
Notte di risvegli (tanti); non ho riposato bene.
Parto a piedi alle 7.30 per Praza do Obradoiro e cammin facendo faccio colazione in un bar già in città. Giretto nei soliti posti più gettonati, ma pochissima gente.
Viene l’ora di messa, il Botafumeiro, il grande turibolo, è tornato al suo posto, ma difficilmente si muoverà dopo questa messa.
Uscita, acquisto di qualche gadget ed è già ora di mangiare qualcosa, prima che la ressa di gente attorno alla Cattedrale esploda in tutte le direzioni.
Mangio un piatto unico e percorro ancora le viuzze del centro: ci si urta, non di passa. Meglio togliersi dalla calca.
Salgo la scalinata di Praza das Praterias. Incredibile! La gente sta incanalata in fila indiana per entrare il chiesa. La messa è ormai iniziata da poco meno di mezz’ora… due-trecento persone attendono.
A lato c’è una piccola fiera del libro con libri di antiquariato ed esposizione di volumi di case editrici compostellane.
Mi interessa un libercolo sulle Due Marie… quelle del monumento… Lo prendo. C’è lì l’autrice che me lo autografa con dedica.
Rientro a casa, chiacchiero con alcuni pellegrini ed è subito ora di un altro breve giro.
Rientro. Supporto morale per un pellegrino italiano che domani parte per Finisterre.
Poco altro. Leggo e scrivo qui.
Martedì ho l’aereo alle 6.00 del mattino e domani lo dedicherò ad organizzare il rientro.
Ricordarsi di acquistare un rotolo di pellicola trasparente per incelofanare lo zaino.
Con l’hospitalero vediamo anche la questione taxi, magari si può spartire il prezzo con altri italiani.
Vediamo. Leggo.
L’organo della cattedrale. In verità sono due organi del 1700 fusi oin uno dalla ditta Mascioni di Azzio – Varese
Questa notte forse dormo vestito perché la scorsa dormita è stata un po’ freddina. Anche adesso la temperatura è sui 15 gradi; è nuvoloso e il vento è abbastanza forte e freddo.
La cattedrale di Iria Flavia, la antica sede vescovile della Galizia, prima di essere spostataa Santiago. È alla periferia di Padron
Giornata di trasferimenti logistici da Padron a Santiago.
Da segnalare solo pioggia leggera, ma solo per un paio d’ore.
Sono riuscito a stare a letto fino alle 6.20. Ormai i più se n’erano già andati, scalpitanti in un su e giù per le scale, il che denota un’organizzazione diversa dalla mia: tante volte non riesco a capire perché non si abbia lo zaino da … pronti, via.
Padron: la fonte del Carmen
E borse e borsette, borracce dindon, bottiglie creck creck, inciampi beng beng. Qualche cellulare fa il volo dalle brandine sopra. E chi può più stare a letto? Provvidenziale la luce che si accende puntuale alle 6.30.
Sala e cucina stracolme, primo bar – sulla sinistra scendendo la rampa che dall’ostello porta in città (Pedron ha 8.880 abitanti) – zeppo all’inverosimile. Ancora un perché… perché alzarsi alle 6 ed essere ancora al bar alle 7.30?
Non pioveva e solo alle 8 – 8.15 è ripresa la pioggia già caduta nottetempo (che non è il bus a più piani di Harry Potter).
Padron
Faccio colazione con tostada e tè e la signora del bar (uno un po’ più avanti verso il centro) mi porta anche due churros che mi mettono allegria.
Dopo è una lunga attesa del bus che parte alle 9. Giunge il bus, stivo lo zaino e salgo; l’autista si rifiuta di farmi.pagare i 4 euro con una banconota da 50. Nessuno ha da cambiarmi. Situazione tesa mentre cerco la carta ricaricabile. Un distinto signore coreano, in fila appena dopo di me paga due biglietti e fa segno all’autista che uno è per me. Lo ringrazio da salvatore, gli dico (in coreano?) che gli restituirò i soldi non appena giunti a Santiago. Si fa il segno della croce e mi guarda begli occhi; capisco al volo cosa vuole dire: “Guarda che sono cristiano anch’io!”. Mentre medito di offrirgli.perlomeno un caffè all’arrivo, dopo un paio di fermate, mi volto e il suo posto è vuoto. Mi viene un groppo alla gola e stento a trattenere una lacrimuccia. È una lezione che mi riconcilia con il mondo intero. Ho già perso un super amico senza neanche chiedergli il nome. Non so descrivere cosa sento. Grazie… è il caso di die anche di più: grazie di cuore.
Verso la una sono di nuovo a San Lazaro, dove rimarrò fino a martedì alle 3.30 del mattino. Poi rientro.Volo alle 6.00.
Rieccoci a camminare: tappa o escursione?… come volete… quasi defatigante. Sarebbero 25,5 km, secondo qualche guida, ma io, in ansia di sbagliare più del dovuto, visto il bailamme di tracciati che si intrecciano attorno alla città di San Giacomo, mi sono preso il bus per uscire appena, appena dal gomitolo. Toglietemi pure qualche km, se volete, ma tenete presente che non ho mai perso la via.
Lungo la via
Ovvio che il merito è mio solo in parte e che le mosse salvamarcorech sono state essenzialmente 2:
a. Seguire le frecce blu della via mariana, la via che porta a visitare tutti i maggiori santuari mariani da Braga in Portogallo a Muxía sull’Atlantico al nord. Segue per alcuni tratti il Portoghese Centrale e, fino a Negreira,7 la via dell’epilogo jacobeo sull’oceano.
Erano molto numerose e d’aiuto, ma non sempre.
b. Nei momenti di dubbio, attendere qualche decina di secondi per vedere la provenienza dei pellegrini del senso opposto.
Facile andare al revers (lo dicono qui) in queste condizioni perché sul cammino ho incontrato centinaia di persone: io in discesa, loro in affanno in salita.
El Pedrón e la Chiesa di Santiago a Padron
Va beh… agile in discesa, 20 km o poco più, bar sprangati, a parte un chioschetto ben attrezzato a 10 km dalla partenza. Bocadillo e Coca. Bene, ora sono in forze e posso riprendere.
Escravitude: Chiesa e convento
Da qualche viottolo o dalle stradine tortuose e strette comparivano a gruppi i pellegrini del Portoghese: 4, 7, 9, anche 15 insieme. E la fila era continua.
Qualche chiesa importante, come a Escravitude o appena prima, altrimenti arativi e prati di collina con qualche tipico vigneto.
Alle 12.30 sono in dirittura d’arrivo e colgo l’occasione di visitare la chiesa di Santiago che conserva sotto l’altare maggiore il Pedrón, la pietra a cui due discepoli di San Giacomo avrebbero ancorato la barca con i resti mortali del Santo per dar loro sepoltura nel campo della Stella, dove verranno riscoperti 800 anni dopo da Pelagio. Sello all’entrata.
Quindi subito all’ostello, dove c’è un po’ di ressa iniziale.
Mi sono guadagnato la Pedronía, la certificazione che sono passato suoi luoghi della traslatio dei resti del “figlio del tuono”, come lo chiamava Gesù.
Pedron: Nostra Señora del Carmen
Domani ci saranno temporali e da pellegrino “pellegrino” farò il ritorno in bus.
Ora vado a messa al santuario della Madonna del Carmine, qui sopra l’ostello.
Oggi sono impegnato a gironzolare per Santiago. Vado a curiosare nei negozi e faccio qualche raid nelle viuzze del centro, vado alla Messa delle 9.30, continuo nel vagabondare e mangio qualcosa in una semi bettola vicina all’Oficina del Peregrino. Non c’è ressa per la Compostela.
Altro giretto studiando le variabili della “tappa” al rovescio di domani sul Cammino Portoghese.
Una scusa per fare visita alle Due Marie al parco cittadino. Erano due sorelle molto conosciute per le loro idee politiche anti Franco: si vestivano in modo eccentrico e amavano la loro passeggiata quotidiana, riverite dai passanti.
Rientro all’ albergue e chiacchierate con l’hospitalero e alcuni pellegrini.
Risveglio… pronto… direbbero gli spagnoli. In effetti alle 4.30 c’era una sveglia che suonava e molti sono schizzati in piedi; tutti pellegrini con destinazione Olveiroa, 30 km e oltre.
Io mi sono tenuto a letto, ma di dormire… impossibile. E quindi, alle 5.50, su e partenza alle 6.20 con la frontale… almeno per la prima mezz’ora.
Per un lungo tratto è andata benissimo, anche senza segnalazioni. È la quinta volta che cammino in questi luoghi.
A Ponte Maceira ricevo un messaggio Whatsapp di un’amica di Feltre. Voleva sapere se ero sul Cammino. Loro erano arrivati ieri a Negreira, dopo aver percorso la tappa da Santiago. Loro… sono un gruppo di 25 persone del Cai di Feltre. Peccato non averlo saputo subito.
Augapesada: ponte romano
Avanti a dritta. Mar de Ovellas in discesa. Mi facevano pena i pellegrini che arrancavano col fiatone. Comunque, come dicevo a suo tempo, le panchine sono ben piazzate nella giusta cadenza. E ho verificato che sono 7.
Il ponte romano di Augapesada sancisce la fine della lunga discesa. Ora si sale moderatamente con rari picchi.
Bar ristorante El Meson a Alto do Vento… colazione… e fin qui benissimo.
Ci si infila nel bosco con i riferimenti rovesciati e poco comprensibili. Prima volta da disperso: mi incanalo in una salita che mi porta ad un cantiere boschivo. Gentile il ragazzo che spegne lo scavatore munito di ragno per caricare sul trattore i tronchi di eucalipto… buonissimo il profumo che emanano da tagliati.
Sospiro di sollievo: sono tornato al punto di partenza del mio Cammino
Mi dà indicazioni per rientrare procedendo. Il GPS perde colpi in continuazione e non riesce a definire la mia posizione… Ce la faccio, rientro sul percorso.
Altro incrocio micidiale e via per strade mai viste. Incontro gentili persone che mi spediscono nella direzione giusta. Dopo giri assurdi ritrovo il quartiere di partenza del Cammino per Finisterre. Ma ho saltato Ponte Sarela. Comunque arrivo alla meta e mi ingroppo felice. Un ragazzo coreano mi scatta un paio di foto. Ressa bestiale in piazza, meglio defilarsi. Domani resto a Santiago e faccio tutto con calma.
Vado all’Oficina del Peregrino a ritirare la Compostela. Non c’è la fila e immediatamente arriva il mio turno, mentre una cerniera dello zaino si apre… Raccolgo al volo e pianto lo zaino in corridoio. Controllo dei timbri sulla credenziale e mi danno la Compostela. Non avevo necessità del tubo di cartone, già acquistato a Fisterra, né del certificato di distanza perché ufficialmente calcolano solo i 117 km da Fisterra per Muxìa e Santiago; io ne ho fatti 210.
Rimetto in sesto lo zaino e vado a mangiare, visto che, chinandomi, avevo la testa che girava.
Bus e albergue. Brandina in basso. Doccia e dormo 1 o due ore. Boh! Ho perso la cognizione del tempo. Ora arrivano alla spicciolata parecchi pellegrini.
Domani riposo. Intanto preparo la spedizione fino a Padron, 25 km.
Sabato danno pioggia… ritorno a piedi o in bus? Vediamo. Non avrei più obblighi di timbri o altro.
Oggi scrivo poco e uso poche foto perché la tappa non ha in sé granché di speciale e i luoghi sono sempre molto simili: o prateria o boschetti di querce.
Partenza ore 6.30; arrivo ore 12.45.
Confermo che da queste parti non funziona il gps: mi sono perso un paio di volte. Non ci sono indicazioni per i pellegrini che puntano a Santiago. A nulla vale anche l’esperienza di essere stato su questo tracciato. E, se non ci fossero stati i pellegrini che puntano a Finisterre o a Muxía, avrei sbagliato strada più volte.
Fermate per il “carburante” a Vilasetrio e a A Pena, quindi discesa (con qualche salita) fino a Negreira. Albergue ancora chiuso con 6 pellegrini prima di me. Doccia e gran bevuta di acqua.
Acquisti in paese. L’orologio della farmacia era fermo sui 43 gradi.
Oggi la tappa è stata abbastanza rilassante e riguardo alle indicazioni non mi sono affannato più di tanto, in quanto le frotte di pellegrini che procedevano in direzione Finisterre o Muxía davano di per sé la direzione giusta.
Il Vákner, lupo mannaro gallego
Ho avuto un paio di tentennamenti a Hospital e in un’occasione ho fatto 50 + 50 m, andata e ritorno, per rientrare in pista.
Ho fatto i primi tre chilometri con l’accorciamento scoperto già per l’andata ed è stata una buona soluzione perché i dislivelli erano già stati coperti in gran parte con il primo tratto.
Mi sono fermato a fotografare il Marco do Couto (ceuceiro) e il Vákner, ma la luce non era ottimale per le foto.
Fermata anche alla Pedra Ancha, un enorme sasso, lavorato dagli antichi Celtie dove si trovano anche petroglifi. Io non ne ho trovato neanche uno, ma la luce è fondamentale e soprattutto bisogna dedicarvisi per un po’ di tempo.
Sulla Pedra Ancha
Alle ore 7:30 ero al bar O Casteliño per la colazione: tè e omelette. In più mi sono preso due banane da asporto.
Più sotto davanti all’ufficio informazioni, bardato e sponsorizzato Vàkner, si è fermato un taxi che ha scaricato una coppia di pellegrini con tutta l’attrezzatura. Il marito mi ha scattato la foto con i piedi negli enormi scarponi che ci sono lì davanti e con il bastone da pellegrino. Ma che dico? icon il bordone.
Per il resto è un rivisitare i luoghi visti il giorno 28 maggio nella direzione inversa. C’è più luce oggi e rifotografo i laghi sul fiume Xallas e raggiungo Olveiroa, dove sento l’estremo bisogno di bermi una Coca Cola fredda. Ho fotografato con più luce i bellissimi hórreos e la chiesetta del cimitero.
Olveiroa e i suoi hórreos
Avanti verso Ponte Olveira e per Corzón, dove ho trovato una signora che mi ha aperto la porta della chiesetta di San Cristovo, minuscola ma bellissima Attenti alla testa, architravi bassi.
La chiesa di Corzón
Dopo di me sono entrati altri due pellegrini provenienti dalla direzione contraria.
Lavori di manutenzione sul Cammino: ci sono dei ragazzi che tagliano l’erba con il decespugliatore.
Raggiungo Lago verso le 11:15; mi fermo per la pausa pranzo, prima di affrontare la salita del monte Aro
Questa volta riesco a fare le foto all’Inbalse da Fervenza, altro lago da sbarramento sul fiume Xallas. È molto ampio e lungo, con parecchie ramificazioni. Scollinando sul monte Aro, comincio a incontrare moltissimi Pellegrini in salita, provati dal caldo con più di 24 gradi, con esposizione costante al sole.
Da monte Aro verso il Lago da Fervenza
Un po’ sotto mi hanno svelato tutte le indicazioni per coprire i 4-5 km che mi mancavano per il fine tappa. Stesso albergue dell’andata, a Santa Mariña: Casa Pepa. Nell’albergo, quattro simpaticoni da Verona, sempre in contestazione tra di loro. Fanno lo stesso giro che ha fatto io, andando sulla Costa da Morte per poi ritornare a Santiago.
Ecco… sono ritornato alle tappe abbastanza lunghe: oggi 23 km, da Muxía (si pronuncia Muscia, in gallego) a Dumbría dove sono già stato all’andata.
Cosa devo raccontarvi oggi?
Hórreos
Non c’è granché da dire, se non che anche durante la notte mi veniva il magone per aver “abbandonato” diversi amici trovati sul cammino. Ci si fanno amici con niente e poi bisogna subito abbandonarli. È un po’ la metafora della vita: conoscere, voler bene e poi lasciare tutto e tutti. Capita spesso.
In sé la camminata di questa mattina è stata avventurosa, in quanto le indicazioni e i cippi miliari (mojónes), lungo il percorso, segnalano soltanto la direzione opposta a quella percorsa da me. Io mi muovevo in direzione di Santiago (est), mentre invece sono agevolati i pellegrini nel tracciato da Santiago verso Muxía.
Santuario de Trasufre, Virxe do Espiño
Fazzoletti votivi: chi ha le verruche bagna il fazzoletto, si lava la verruca e si appende “la verruca”
Ho sbagliato strada almeno sei, sette volte. Pensavo addirittura di aver accorciato il percorso… sono stato anche per parecchio tempo fuori dal tracciato del cammino. Però facendo un po’ di conti sulla durata della camminata, mi sa magari di aver allungato la tappa di qualche chilometro.
San Martiño de Ozon e il suo lunghissimo hórreo (26 m)
Las flechas amarillas storiche sono totalmente sparite e soltanto tre, quattro frecce sbiadite riportano ai tempi in cui don Elias La Valiña, parroco di O Cebreiro, preparava una “grande invasione” tappezzando muretti e alberi della Spagna del nord di frecce gialle, dipinte con la vernice da strade, fornitagli da un amico dell’ “ANAS” spagnola.
Senza indicazioni io mi dovevo fermare agli incroci, andare nella direzione presunta della provenienza altrui, osservare il mojón e, sulla base dell’inclinazione verso destra o verso sinistra, capivo il da farsi. Non sempre mi è andata bene!
Non ci sono rimostranze da fare perché si sa che la direzione principale è quella e poi tutti rientrano fondamentalmente in bus. Scelta mia. Hai voluto la bicicletta,…
Dumbría: chiesa e ostello
E vabbè sono comunque arrivato all’ostello di Dumbría, bello architettonicamente e bello anche per i colori variati dei diversi corpi che compongono l’edificio.
L’hospitalera verrà questa sera alle 8:00 per il check-in e ho fatto in almeno 5-6 casi il facente funzione: facevo leggere le informazioni del caso, poi invitavo i nuovi arrivati a scegliersi il letto.
Vi mando qualche foto del percorso che è tutto nei campi e nei prati.
Eventi:
Appena fuori Muxía si è formata una duna di sabbia che occupava per 3/4 la carreggiata. In un punto tagliava completamente la strada. Il vento… soffia da tre giorni ininterrottamente a velocità elevata. Si cammina sempre guardinghi. Contenti solo i gabbiani.
Ieri sera in attesa della messa mi sono seduto sul muretto che circonda il sagrato e il turbinio della sabbia di mare (qui c’è n’è poca, a dire il vero) mi riempiva i calzini e sulla pelle delle gambe aveva un effetto carta vetrata. Via a ripararsi!
Primo grosso errore di percorso lo ho fatto poco prima di Moraime e mi sono ritrovato direttamente sull’altopiano successivo, nei pressi di San Martiño de Ozon. Non riuscivo assolutamente a trovare il monastero che era lì a 200 metri. Sono andato avanti e indietro, finché ho trovato un signore che aspettava l’apertura del bar. Mi sono fermato anch’io per il caffè delle ore 8:00; lui si è bevuto un cognachino che gli ho volentieri offerto, sperando che non continuasse per la mattinata. Mi ha ringraziato e mi ha indicato la strada. Il monastero (ex) era là vicinissimo, ma non riuscivo a vederlo, complice anche la vegetazione. E poi il GPS ballerino e spesso (quasi sempre) assente non mi ha dato una mano.
Mi sono rimesso sul Cammino e poi, a parte qualche svista che mi costringeva a ritornare sui miei passi o a fiondarmi al bar più vicino per chiedere informazioni, è andato tutto bene.
Quasi primo anche all’ostello: prima di me erano arrivati due inglesi. Fatto doccia, lavadora e secadora, così ho tutta la roba pulita.
Siccome ho dormito poco questa notte, dovrei farmi una pennichella, ma sono qua incerto sul da farsi; nel frattempo continuo a fare l’hospitalero.
Partito alle 5.45, arrivato alle 12.20.
Domani di nuovo a Santa Mariña, ancora oltre i 20 km.
Tempo bello, vento tremendo, a tratti caldo, ma spesso con la maglia.
A Vao Silveiro. Prima si guadava il fiumiciattolo sui blocchi di granito
Nella prima parte della giornata niente di particolare da segnalare; praticamente la strada è sempre stata in salita senza pendenze accentuate. Il primo tratto l’ho fatto con Laura, una ragazza italiana che poi ha cambiato direzione per percorrere una parte di tappa sull Ruta dos Faros.
Dopo ho sempre camminato da solo. Nessuno mi ha superato e anche nei tre nuclei abitativi attraversati nessun movimento. Quando sono arrivato a Morquintiàn sono rimasto sorpreso da un piccolo bar… minuscolo. C’erano già due tedeschi, provenienti da Muxía e ho fatto colazione, facendo i complimenti alla padrona di casa che mi ha confessato il primo anniversario dell’apertura del bar. È stata una scelta coraggiosa ma le cose stanno andando bene, pur essendoci in paese meno di 10 persone. Però il passaggio è notevole. Si dichiarava soddisfatta.
Arrivando al culmine del Monte do Facho è iniziata la discesa con pendenze elevate; me la ricordavo dal 2017 come salita; ora sono state fatte delle piste forestali in terra battuta, niente al confronto con il sentierino erto che si arrampicava lungo il versante del Monte do Facho.
Spiaggia e parador (hotel di super lusso) di Lourido, 2 km da Muxía
Sono arrivato a Muxía e una delle poche cose che ho fatto è andare a fare qualche foto del Salon d Perello e al km 0, dove mi hanno scovato, gridandomi da lontano, Marco, Mariella e Adriana. Quindi verso il centro; ritirato la mia Muxíana (certificazione di avvenuto pellegrinaggio).
Al km 0 di Muxía con la Herida (la Ferita) da sfondo
Ci siamo fermati a mangiare. Io mi sono affrettato verso l’albergue dos peregrinos dove ho trovato il mio bel posto. Soliti riti.
Mi sono rimesso in strada alle 15.00 e ora sono santuario della Barca Ho visitato il monte Corpiño, facendo qualche foto dall’alto.
Messa alle 19.00. La davano alle 18.00 e anche alle 18.30.
Tappa breve, come ormai è quasi consuetudine. Con la luce si va verso San Martiño de Duio, nella zona in cui c’era l’antica Dugium, distrutta da un maremoto, probabilmente attribuito al fatto di non aver accettato la salma di Santiago al tempo della traslatio (trasporto dalla Palestina)
Chiesa di San Martiño de Duio
Saliscendi. Procedo fino al punto in cui bisogna scegliere se dirigersi verso la Playa do Rostro oppure se mantenersi sul cammino ufficiale. Io, a dire la verità, non ho scelto perché non mi sono nemmeno reso conto della deviazione.
Lungo il Cammino
In definitiva… mi è capitato un lunghissimo rettilineo in asfalto, però si respirava solitudine e un vento indimenticabile. Ho abbandonato quella strada nei pressi di una segheria che ricordavo sul tracciato normale. Pian pianino (è il caso.di dirlo) sono arrivato a Lires. Tanto vento poetico e tanto sole. Un continuo togli e metti la maglia. Folate improvvise e potenti da nord. Qualcuna mi spostava, ma son rimasto saldo sul Cammino. Prima di salire nella parte alta di Lires, dov’è l’albergue, memore di aver fatto il sello (timbro) libero nel 2017, mi sono diretto verso una tettoia in.mezzo a un praticello ed ho incontrato Raul, padrone della casa rurale (pensioncina) lì vicino. Mi ha messo due timbri nella credenziale. Mi sono fermato a chiacchierare in ital-spagnolo per una buona mezz’ora prima di salire, accreditarmi e mangiare.
San Estevo di Lires
Nel pomeriggio sono stato allo sbocco in Atlantico della Ria de Lires, dove c’è una spiaggia bianca con lo scenario di vari promontori dove passa anche il cammino dei fari. Sulla collina di fronte alla mia panchina ci sono tre pale eoliche che girano, non più lentamente.
La Ria de Lires
Non fa freddo, però non è nemmeno caldo. Giochi di gabbiani e attraversata della lingua d’acqua che taglia la spiaggia da parte di 5 escursionisti provenienti dalla Via dei fari. Imperterriti, zaino in spalla, scarponi ai piedi, si sono avviati, immergendo le gambe fino ad appena sotto l’orlo dei pantaloncini, arrotolati in alto per l’operazione.
Io ritorno alla base e, nei pressi di Casa Raul, Raul mi ferma chiamandomi per nome. Mi aspettava. Chiacchierata del più e del meno, poi prendo la via del ritorno, non prima di avergli chiesto, se esisteva un negozio dove acquistare frutta. “No, non c’è, ma due banane te le porto io”, mi ha detto. Inutile insistere di voler pagare.
Santiago o pellegrino? Scultura davanti all’albergues As Eires
Rientro all”albergue con il mio sacchetto di frutta. Il cammino è anche conoscere il buon cuore della gente.
Cose notevoli di giornata?
a. Episodio notturno
Un gruppo di noi pellegrini è andato a vedere il tramonto al Faro. Ieri sera il sunset (ora lo chiamano così anche gli spagnoli) era alle 22.08… I coraggiosi sono tornati all’una… frontale che puntava sui letti… tutti svegli.
Alle 2 quello sopra di me ha fatto cadere la sua spondina destra del letto. Boato infernale. Tutti svegli. Mi sono alzato e ho portato la spondina vicina al muro. Non contento delle sue imprese, aveva appeso la borraccia di alluminio all’altra spondina. Risultato? Dindindindin, campanelle di pecore tutta la notte. Che sia stato sordo?
Comunque anche questo fa parte del gioco del Cammino.
b. Partenza rilassata senza disturbare alle 7:20. Arrivo 11.30, ma chiacchierato fino a mezzogiorno.
Mi sono anche seduto su un paio di panchine strada facendo; in una in particolare adibita a fermata del bus, completamente abbandonata e arrugginita. Mi sa che il bus l’ultima volta si sarà fermato 10 anni fa.
c. Ho incontrato Ernesta e Walter, i bellunesi, dopo Buxan… per me. Mi sembravano in forma e contenti. Ho dato loro il centesimo di Santiago.